25 novembre 2013

un pillola per ogni stato d'animo "scomodo"

Disordine sintomo-somatico, sillogomania, disturbo dirompente con disregolazione dell’umore, disturbo neurocognitivo: sono alcune delle “malattie” che troviamo elencate nella quinta edizione del D.S.M. - Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, opera di 160 esperti raccolti sotto le insegne dell’Apa, l’Associazione psichiatrica americana.
“Gratta gratta, siamo tutti malati mentali”: sembra essere questo l’obiettivo che si prefigge l’alleanza tra psicologi-psichiatri e l’industria faremaceutica. Ce lo spiega bene un articolo di Rodolfo Casadei, pubblicato sul settimanale Tempi del 4 settembre scorso, che riportiamo alla fine di queste note.

E pensare che quando uscì la prima edizione del DSM, nel 1952, le psicopatologie censite erano un centinaio. Nel 1968 erano salite a 182; nel 2000 avevano toccato quota 370. Per la nuova edizione, presentata a San Francisco nel maggio scorso, non si registra un aumento del numero delle patologie solo perché vi sono stati alcuni accorpamenti. In ogni caso, ci troviamo di fonte a 15 nuove voci, inserite nella nuova edizione.
Illuminanti le considerazioni  dello psichiatra e psicanalista francese Patrick Landman, secondo cui ”se applicassi i criteri del Dsm 5, dovrei dire che il cento per cento dei miei pazienti sono malati mentali”. Stando così le cose, secondo i criteri “americani” non si può essere “normalmente tristi o angosciati”, ma si rientra (si viene collocati per forza) nelle reti della psichiatria, che con una vastissima casistica di patologie avvolge ormai non solo le patologie vere e proprie, ma anche tutti quelli che, umanamente, potremmo definire come “stati d’animo”.
Analoghe le considerazioni di Allen Frances, lo psichiatra americano che aveva presieduto alla revisione del Dsm nel 2000, che nel suo libro Saving Normal, scrive che il nuovo manuale “etichetterà in modo erroneo persone che sono normali, promuoverà l’inflazione diagnostica e incoraggerà un uso inappropriato dei farmaci. Esso farà sì che milioni e milioni di persone attualmente considerate normali, siano diagnosticate con un disturbo mentale”, confermando e rinforzando la “tendenza già dominante ad affrontare ogni disagio della persona con pillole e farmaci vari”.
In Francia, due anni fa, è stato lanciato l’appello “Per farla finita con la dittatura del Dsm” e la tendenza alla “medicalizzazione” spinta. In Francia, quasi 20 mila bambini prendono il Ritalin*, in Inghilterra sono 55 mila: cifre lontane dai  3 milioni di canadesi e dai 7 milioni negli Usa. Se prevarranno le indicazioni contenute nella nuova edizione del DSM, assisteremo anche negli altri Paesi a un “drammatico aumento di prescrizioni di stimolanti come l’Adderall e il Ritalin”.
A pensar male… si potrebbe osservare che le medicine psicotrope costituiscono un mercato molto vantaggioso per le case farmaceutiche, sesi considera che negli Usa, stando alle stime di dieci anni fa, nel 2004, gli antidepressivi hanno generato 20,3 miliardi di dollari di profitto e gli anti-allucinatori 14,4 miliardi.
Ma non è solo quello economico, per quanto rilevante, il motivo di interesse che riveste oggi l’industria degli psicofarmaci…
Secondo Mario Binasco, psicanalista e docente presso l’Università Lateranense “Le categorie del Dsm sottintendono una concezione gestionale, manageriale della società. Ci si prende cura della società, ma secondo il discorso della scienza e della tecnologia, che è un discorso di gestione globale della società che prescinde dalla soggettività degli esseri umani. È la tecnoscienza che sostituisce la soggettività. Ecco perché i farmaci capaci di incidere sui comportamenti diventano la cosa più importante: c’è un interesse politico al controllo farmaceutico dei comportamenti della società”.
In buona sostanza, il rischio che si corre è quello di una progressiva “omologazione di ogni diversità psicologica” con l’esito finale che sfocerà nella “creazione di una monocultura umana”.
Il DSM, per concludere, non è una faccenda solo americana, perché rappresenta una sorta di linea guida  per anche per il manuale ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) in materia di malattie mentali: anche in questo caso, come in molti altri ambiti, ciò che si decide negli Stati Uniti finisce per essere assunto a riferimento in tutto il mondo o, almeno, in tutto l’Occidente.
Dietro la tendenza a riportare tutto entro i confini dello scientificamente provato e del tecnologicamente fattibile, si cela la volontà di ricondurre l’uomo a entità misurabile in ogni suo aspetto e, quindi, possibile da affrontare in modo asettico e secondo acclarata casistica, escludendo ogni fattore che possa risentire o rimandare all’unicità umana, a quel miracolo di unicità e di non omologabilità che è rappresentato da ogni singolo uomo. Forse questo è un aspetto che vale la pena di considerare.
Per leggere l'intero articolo di Rodolfo Casedei clicca qui


*RITALIN - metilfenidato (MPH)
molecola stimolante con struttura 2-benzil piperidinica, altresì strutturalmente e farmacologicamente simile al farmaco analgesico petidina. Viene correntemente confuso con le anfetamine, sia dal punto di vista dell'osservazione clinica, sia dal punto di vista della struttura chimica. Come farmaco trova indicazione in medicina per il trattamento del disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività (ADHD) nei bambini e negli adulti. (da Wikipedia).

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