1 settembre 2013

MEDIA: DIECI MODI PER RACCONTARCI MENZOGNE

__La scorsa primavera, su diversi siti/blog anche italiani è stata pubblicata una lista riguardante le dieci strategie di manipolazione messe in atto dai mass media.
Si tratta di una situazione (manipolazione) che si rinviene nel comportamento generalizzato dei principali mass media nel mondo.
Non esiste assolutamente una supposta professionalità e “purezza” del giornalismo di matrice anglosassone rispetto a quello italiano, come talvolta qualcuno vorrebbe farci credere. Al contrario, CHIUNQUE operi all’interno del sistema mass-mediatico è “parte” di tale sistema e risponde alle esigenze di quest’ultimo, anche quando sembra incarnare il paladino delle masse, ecc, ecc…
Se leggiamo con la dovuta attenzione i dieci “comandamenti” utili per la manipolazione del consenso, possiamo ben valutarne l’effettiva messa in atto da parte dei mass media.
E si tratta, in fin dei conti, di quanto teorizzato nel lontano 1979 nel documento “SILENT WEAPONS FOR QUIETE WARS” che potremmo tradurre con “Armi silenziosi per guerre tranquille”
Vediamo, dunque, le DIECI REGOLE PER DISTRARRE/MANIPOLARE L’OPINIONE PUBBLICA, che vengono regolarmente messe in atto dai nostri mass media e che qui troviamo riepilogate in modo sintetico e chiaro, una volta per sempre (verrebbe da dire)

1)La strategia della distrazione
Per le grandi lobby di potere è fondamentale mantenere l’attenzione del pubblico concentrata su argomenti poco importanti, così che il comune cittadino rimanga interessato/avvinghiato a fatti in realtà insignificanti.
Mediante un “diluvio” di continue informazioni insignificanti, viene deviata l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche.
Questa “strategia” è ben presente nel testo “SILENT WEAPONS FOR QUIETE WARS”, laddove viene testualmente detto di “mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, così che torna tranquillo alla fattoria come gli altri animali".
Molteplici gli esempi che si possono fare in proposito: si veda, per quanto riguarda l’Italia, come caso di scuola, l’esasperata concentrazione su alcuni fatti di cronaca, di cui Bruno Vespa è un maestro.
Altrettanto bene funzionano le tematiche che possono dividere il pubblico in due fazioni opposte, “pro” e “contro” come due tifoserie, impegnate sempre a perdere tempo ed energia su temi di secondaria importanza…

2) Il principio del problema-soluzione-problema
Da parte delle elites e dei loro “commandos” attivi nel sistema dell’informazione, si inventa di sana pianta un problema, per causare una certa reazione da parte del pubblico, in modo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare.
Caso emblematico, è quello di mettere in ansia i cittadini dando risalto all’esistenza di epidemie, come la febbre aviaria, creando ingiustificato allarmismo, con l’obiettivo di vendere farmaci che altrimenti resterebbero inutilizzati.
Altro esempio può essere quello di consentire un certo intensificarsi della violenza urbana o di disordini in genere, con lo scopo che sia il pubblico a richiedere leggi sulla sicurezza, a discapito della libertà. Oppure, creare/favorire una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici

3) La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce. In questo modo, nei decenni 80 – 90 del secolo scorso è stato possibile imporre (facendole accettare all’opinione pubblica) tutta una serie di condizioni socio-economiche nuove (neoliberismo), che hanno portato a privatizzazioni, precarietà, flessibilità, salari che non garantivano più redditi dignitosi… tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

4) La strategia del differimento.
E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato, perché gli uomini/la popolazione ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo permette al pubblico di  abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriva poi il momento. 
Come esempio, si potrebbe citare il parlare continuamente dello spread per far accettare le “necessarie” misure di austerità come se non esistesse una politica economica diversa.

5) Rivolgersi al pubblico come se si parlasse ad un bambino.
Più si cerca di ingannare lo spettatore, più si tende ad usare un tono infantile, come accade in diversi programmi delle trasmissioni generaliste. Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni, in base alla suggestionabilità, quest’ultima tenderà ad una risposta probabilmente sprovvista di senso critico, come un bambino di 12 anni appunto.
Anche questa “strategia” è ben presente e approfondita in  “SILENT WEAPONS FOR QUIETE WARS”.

6) Puntare sull’aspetto emotivo molto più che sulla riflessione.
L’emozione può consentire di mandare in tilt la parte razionale dell’individuo, rendendolo più facilmente influenzabile.

7) Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere mediocre, in modo che esse non possano colmare la distanza culturale con le classi superiori
Pochi, per esempio, conoscono cosa sia il gruppo di Bilderberg e la Commissione Trilaterale e  utilizzando i soli media tradizionali, continueranno ad ignorarlo (a meno che non si rivolgano direttamente ad Internet, dove l’informazione è molto meno controllata/asservita).

8) Imporre modelli di comportamento.
Partendo dal presupposto che controllare individui omologati è molto più facile che gestire individui pensanti, vediamo che  i modelli imposti dalla pubblicità sono funzionali a questo, anche spingendo il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti, se questo serve all’omologazione... 

9) L’autocolpevolizzazione.
Si tende, in pratica, a far credere all’individuo che egli stesso sia l’unica causa dei propri insuccessi e della propria disgrazia, così, invece di ribellarsi l’individuo si autosvaluta e si auto-colpevolizza, il cui effetto è l’inibizione dell'azione: e senza azione non c’è rivoluzione. 
Emblematiche, in questa direzione, alcune “perle” italiane, quando si definiscono i giovani che non trovano lavoro, come “sfigati”, “choosy”, “bamboccioni”. In pratica, é colpa loro se non trovano lavoro, non del sistema.

10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della Scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dal "sistema" delle élites dominanti. I media puntano a conoscere gli individui (mediante sondaggi, studi comportamentali, operazioni di feed back scientificamente programmate senza che l’utente-lettore-spettatore ne sappia nulla) più di quanto essi stessi si conoscano, e questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un gran potere sul pubblico, maggiore di quello che lo stesso cittadino esercita su sé stesso.

Noam Chomsky

Da parte di molti, questa lista è stata attribuita a Noam Chomsky, lo studioso di linguistica americano, padre della grammatica generativa e ritenuto uno dei maggiori pensatori del nostro tempo. Si tratta, in realtà di un decalogo stilato dal francese Sylvain Timsit, e presente da tempo su siti in lingua francese.
Resta il fatto che lo “stile” rimanda sicuramente alla scuola di Noam Chomsky, cui va riconosciuta anche una sorta di “primogenitura” quando si parla del controllo esercitato dai mass media sull’opinione pubblica, se solo pensiamo al saggio “La fabbrica del consenso”, del 1988.


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