Si tratta di una situazione (manipolazione) che
si rinviene nel comportamento generalizzato dei principali mass media nel mondo.
Non esiste assolutamente una
supposta professionalità
e “purezza” del giornalismo di matrice anglosassone rispetto a quello italiano,
come talvolta qualcuno vorrebbe farci credere. Al
contrario, CHIUNQUE operi all’interno del sistema mass-mediatico è “parte” di
tale sistema e risponde alle esigenze di quest’ultimo, anche quando sembra
incarnare il paladino delle masse, ecc, ecc…
Se leggiamo con la dovuta attenzione i dieci
“comandamenti” utili per la manipolazione del consenso, possiamo ben valutarne
l’effettiva messa in atto da
parte dei mass media.
E si tratta, in fin dei conti, di quanto
teorizzato nel lontano 1979 nel documento “SILENT WEAPONS FOR QUIETE WARS” che
potremmo tradurre con “Armi silenziosi per guerre tranquille”
Vediamo, dunque, le DIECI REGOLE PER
DISTRARRE/MANIPOLARE L’OPINIONE PUBBLICA, che vengono regolarmente messe in
atto dai nostri mass media e che qui troviamo riepilogate in modo sintetico e
chiaro, una volta per sempre (verrebbe da dire)
1)La strategia della distrazione
Per le grandi lobby di potere è fondamentale mantenere l’attenzione del
pubblico concentrata su argomenti poco importanti, così che il comune cittadino
rimanga interessato/avvinghiato a fatti in realtà insignificanti.
Mediante un “diluvio” di continue
informazioni insignificanti, viene deviata l’attenzione del pubblico dai
problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche.
Questa “strategia” è ben presente nel testo “SILENT
WEAPONS FOR QUIETE WARS”, laddove viene testualmente detto di “mantenere il pubblico
occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, così che torna
tranquillo alla fattoria come gli altri animali".
Molteplici gli esempi che si possono fare in proposito: si veda, per quanto
riguarda l’Italia, come caso di scuola, l’esasperata concentrazione su alcuni
fatti di cronaca, di cui Bruno Vespa è un maestro.
Altrettanto bene funzionano le tematiche che possono dividere il pubblico
in due fazioni opposte, “pro” e “contro” come due tifoserie, impegnate sempre a
perdere tempo ed energia su temi di secondaria importanza…
2) Il principio del
problema-soluzione-problema
Da parte delle elites e dei loro “commandos” attivi nel sistema
dell’informazione, si inventa di sana pianta un problema, per causare una certa
reazione da parte del pubblico, in modo che sia questo il mandante delle misure
che si desiderano far accettare.
Caso emblematico, è quello di mettere in ansia i cittadini dando risalto
all’esistenza di epidemie, come la febbre aviaria, creando ingiustificato
allarmismo, con l’obiettivo di vendere farmaci che altrimenti resterebbero
inutilizzati.
Altro esempio può essere quello di consentire un certo intensificarsi
della violenza urbana o di disordini in genere, con lo scopo che sia il
pubblico a richiedere leggi sulla sicurezza, a discapito della libertà. Oppure, creare/favorire una crisi economica
per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali
e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3) La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente,
a contagocce. In questo modo, nei decenni 80 – 90 del secolo scorso è stato
possibile imporre (facendole accettare all’opinione pubblica) tutta una serie
di condizioni socio-economiche nuove (neoliberismo), che hanno portato a
privatizzazioni, precarietà, flessibilità, salari che non garantivano più
redditi dignitosi… tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se
fossero stati applicati in una sola volta.
4) La strategia del differimento.
E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio
immediato, perché gli uomini/la popolazione ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto
andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato.
Questo permette al pubblico di abituarsi
all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriva poi il
momento.
Come esempio, si potrebbe citare il parlare continuamente dello spread per far
accettare le “necessarie” misure di austerità come se non esistesse una
politica economica diversa.
5) Rivolgersi al pubblico come se si
parlasse ad un bambino.
Più si cerca di ingannare lo spettatore, più si tende ad usare un tono
infantile, come accade in diversi programmi delle trasmissioni generaliste. Se
qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni, in base alla
suggestionabilità, quest’ultima tenderà ad una risposta probabilmente
sprovvista di senso critico, come un bambino di 12 anni appunto.
Anche questa “strategia” è ben presente e approfondita in “SILENT WEAPONS FOR QUIETE WARS”.
6) Puntare sull’aspetto emotivo
molto più che sulla riflessione.
L’emozione può consentire di mandare in tilt la parte razionale
dell’individuo, rendendolo più facilmente influenzabile.
7) Mantenere il pubblico
nell’ignoranza e nella mediocrità.
La qualità dell’educazione data alle classi sociali
inferiori deve essere mediocre, in modo che esse non possano colmare la
distanza culturale con le classi superiori
Pochi, per esempio, conoscono cosa sia il gruppo di Bilderberg e la
Commissione Trilaterale e utilizzando i
soli media tradizionali, continueranno ad ignorarlo (a meno che non si
rivolgano direttamente ad Internet, dove l’informazione è molto meno
controllata/asservita).
8) Imporre modelli di comportamento.
Partendo dal presupposto che controllare
individui omologati è molto più facile che gestire individui pensanti, vediamo
che i modelli imposti dalla pubblicità sono funzionali a questo, anche
spingendo il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e
ignoranti, se questo serve all’omologazione...
9) L’autocolpevolizzazione.
Si tende, in pratica, a far credere all’individuo che egli stesso sia
l’unica causa dei propri insuccessi e della propria disgrazia, così, invece di ribellarsi
l’individuo si autosvaluta e si auto-colpevolizza, il cui effetto è l’inibizione dell'azione: e
senza azione non c’è rivoluzione.
Emblematiche, in
questa direzione, alcune “perle” italiane, quando si definiscono i giovani che non trovano lavoro, come “sfigati”, “choosy”, “bamboccioni”.
In pratica, é colpa loro se non trovano lavoro, non del sistema.
10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano
Negli ultimi 50 anni, i rapidi
progressi della Scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze
del pubblico e quelle possedute e utilizzate dal "sistema" delle
élites dominanti. I media
puntano a conoscere gli individui (mediante sondaggi, studi comportamentali,
operazioni di feed back scientificamente programmate senza che l’utente-lettore-spettatore
ne sappia nulla) più di quanto essi stessi si conoscano, e questo significa
che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un gran potere sul
pubblico, maggiore di quello che lo stesso cittadino esercita su sé stesso.
Noam Chomsky |
Da parte di molti, questa lista è stata attribuita a Noam Chomsky, lo studioso di linguistica americano, padre della grammatica generativa e ritenuto uno dei maggiori pensatori del nostro tempo. Si tratta, in realtà di un decalogo stilato dal francese Sylvain Timsit, e presente da tempo su siti in lingua francese.
Resta il fatto che lo “stile” rimanda sicuramente alla scuola di Noam Chomsky, cui va riconosciuta anche una sorta di “primogenitura” quando si parla del controllo esercitato dai mass media sull’opinione pubblica, se solo pensiamo al saggio “La fabbrica del consenso”, del 1988.
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