Una testimonianza
“antica”, che dimostra che gli adolescenti ci sono sempre stati e non è vero
che l’adolescenza è un’invenzione moderna: alcuni scheletri di nativi americani
ritrovati in fondo a un dirupo: “è probabile che qualche amante dell’avventura abbia
fatto un passo di troppo e sia precipitato. Gli scheletri appartenevano a
ragazzi adolescenti”.
Inizia così
l’articolo del prof. R. Sapolsky, della Stanford University, dedicato al tema
dell’adolescenza, espone una serie di dati a supporto di una ben precisa tesi:
l’adolescenza è una fase unica nella vita dell’essere umano ed è
contraddistinta non da specifici fattori fisiologici dai quali discendono i
tratti tipici di questa età, che è singolare non solo per come ci comportiamo,
ma anche per ciò che succede nel nostro cervello.
Si comincia da
quelli che sono gli elementi caratterizzanti dell’adolescenza, “periodo della vita in cui è più probabile che
una persona entri in una setta, uccida o sia uccisa, inventi una nuova forma
d’arte, lotti per deporre un dittatore,
faccia pulizia etnica in un villaggio, aiuti chi ne ha bisogno, scopra nuove
leggi della fisica, si vesta in modo orribile, dedichi la vita a dio e sia
convinta che tutte le forze della storia convergano per rendere questo momento carico
di pericoli e promesse il più importante di tutti”.
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E subito
l’affermazione fondativa di ciò che viene detto in tutto l’articolo: “Per tutto ciò bisogna ringraziare il
cervello adolescente” che si trova in uno stadio dell’evoluzione
particolare. Tutta da rivedere e niente affatto vera, dunque, la teoria secondo
cui l’adolescenza sarebbe “un’invenzione
culturale”.
Dall’infanzia all’età adulta il nostro cervello subisce forti mutazioni
- “il progressivo passaggio dalla nascita
all’età adulta non è lineare” – e in questo percorso il cervello
adolescente è unico: “non è solo un
cervello adulto non ancora maturo e non è neanche il prolungamento di un
cervello infantile. La sua particolarità dipende dal fatto che una regione specifica,
la corteccia frontale, non è ancora del tutto sviluppata”.
Cosa questo significhe è presto detto, se consideriamo che la corteccia
frontale è la parte del cervello umano che si è evoluta più di recente ed è da
qui che scaturiscono i comportamenti sensati e maturi: i progetti a lungo
termine, la funzione esecutiva, il controllo degli impulsi e
la regolazione
delle emozioni. La corteccia frontale, possiamo dire, “ci spinge a fare la
scelta giusta anche quando non è la più facile”.
E va considerato
che, da un lato, i suoi neuroni si sviluppano completamente dopo i vent’anni ed
è che essa è anche “la regione cerebrale che viene
meno modellata dal genoma e più dall’esperienza”.
Da qui deriva il fatto che la competenza cognitiva degli adolescenti sia
“inferiore a quella degli adulti” e
non gli permetta di cogliere l’ironia o di agire tenendo conto del fatto che
gli altri possono avere informazioni diverse dalle loro.
Di contro, per quanto riguarda le attività più legate all’emotività, “se negli adulti la corteccia frontale
regola l’area del cervello responsabile dell’origine e della gestione delle
emozioni, nel cervello degli adolescenti, invece, il sistema limbico viaggia a
tutta velocità, mentre la corteccia frontale sta ancora cercando di capire le
istruzioni per l’uso”: conseguenza di questo squilibrio è che, negli
adolescenti, le emozioni sono più intense.
Questo ritardo nella maturazione/formazione della corteccia frontale ci
aiuta anche a spiegare una caratteristica dell’adolescenza: la strana attrazione
per attività rischiose o, come si dice oggi, fortemente adrenaliniche, perchè “quando un adolescente deve prendere una
decisione pericolosa, alcune porzioni della corteccia frontale si attivano meno
che in un adulto e di conseguenza la sua capacità di valutare i rischi è minore”.
Si spiega così il perché un adolescente senta un’attrazione speciale a buttarsi
nelle cose e “non solo corre più rischi, ma
cerca di più la novità”, tanto che è proprio in questa fase della nostra
vita che sviluppiamo i nostri gusti sulla musica, sul cibo e
sull’abbigliamento. Poi, con il passare
del tempo diventiamo sempre meno aperti alle novità”.
A completare
l’unicità dell’adolescenza intesa come fase specifica dello sviluppo
dell’essere umano, infine, è un altro fattore che determina quello che agli
adulti appare come lo squilibrio degli adolescenti, cioè “la presenza di ormoni, come l’estrogeno e il progesterone nelle
femmine e il
testosterone nei maschi. Questo aiuta a capire
perché l’adolescenza è più turbolenta dell’infanzia: la corteccia cerebrale è immatura
a entrambe le età, ma nei preadolescenti lo tsunami degli ormoni non è ancora
cominciato”.
Ricerca di
novità, dunque, come cifra di fondo di questa età, che porta con se’ il
desiderio di sperimentare cose nuove, anche grazie a una minor considerazione
dei fattori di rischio. E il desiderio di sperimentare cose nuove è quello che
ci conduce – non solo noi, ma anche i primati, come ci illustra l’articolo – a
fuoriuscire dal gruppo di appartenenza in cui siamo nati e ci spinge a cercare nuove
relazioni. E in questo ci aiuta il fatto che nella fase adolescenziale la
nostra mente e il nostro cuore sono più aperti verso la novità e verso gli
altri, tanto da poter dire che è questa l’età in cui siamo maggiormente
empatici verso il nostro prossimo, dove ci riesce meglio immedesimarci negli
altri, che poi è un modo di essere anche più generosi e meno calcolatori…
In estrema
sintesi, ci dice lo studioso americano, gli adolescenti sono così: “hanno il cuore in mano, il sistema limbico
in tumulto e la corteccia frontale che cerca disperatamente di regolare le
emozioni”.
Robert
Sapolsky, neuroendocrinologo statunitense, nato
nel 1957, insegna biologia, neurologia e neurochirurgia all’università di
Stanford. http://en.wikipedia.org/wiki/Robert_Sapolsky
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