24 giugno 2013

Non è un mondo per vecchi

--NON E' UN MONDO PER VECCHI” dice il titolo di questo interessante volumetto di Michel Serres, ottuagenario lucido e profondo, che scruta con grande acume quello che sta avvenendo in quetsi ultimi anni e “Perchè i ragazzi rivoluzionano il sapere”, come dice il sottotitolo.
Intanto, radicalmente diversa è l'esperienza del reale che i nostri ragazzi possono oggi compiere, solo considerando che “non hanno mai visto vitelli, vacche, maiali o covate” . E sono i primi cui accade questo, perchè fino a poco tempo fa, la maggioranza degli uomini sul pianeta lavorava nell'agricoltura e nell'allevamento; nel 2011 nei nostri Paesi sviluppati, soltanto l'un per cento di contadini.


Quindi, osserva M. Serres, i giovani hanno un'esperienza parziale della natura, così che “Lei o lui si entusiasmano solo per la natura arcadica, quella del tempo libero o del turismo”.
A questo si aggiungono altri fattori, anche molto positivi, ma che segnano comunque una differenza con le generazioni precedenti, se consideriamo che “da sei decenni, intervallo unico nella storia occidentale, né lui né lei hanno conosciuto la guerra e tra un po' neppure i loro responsabili e i loro insegnanti”.
E le differenze cominciano fin dal momento del concepimento, perchè “mentre i genitori furono concepiti alla cieca, la loro nascita è programmata”.
Senza che ce ne accorgessimo è nato, in un breve intervallo di tempo – quello che ci separa dali anni settanta del Novecento – è nato un NUOVO UMANO” , come si vede anche solo guardando i ragazzi quando messaggiano SMS a velocità supersonica, usando solo i pollici: “li ho battezzati, con tutta la tenerezza che possa esprimere un nonno, POLLICINA e POLLICINO.
Quel che più segna una profonda differenza con le generazioni del passato, secondo lo studioso francese, è l'ambito della conoscenza, dell'approccio e dell'accesso al sapere.
I più giovani sono “formattati” da strumenti e da media che “hanno meticolosamente distrutto la loro facoltà di attenzione, riducendo la durata delle immagini a sette secondi e il tempo di risposta alle domande a quindici, secondo i dati ufficiali”
Siamo di fronTe a una vera e propria rivoluzione quasi “antropologica”, se consideriamo che il modo di “usare” il cervello, da parte dei più giovani, è diverso dal nostro: “Le scienze cognitive mostrano che l'uso della Rete, la lettura o la scrittura dei messaggi con il pollice, la consultazione di Wikipedia o di Facebook non eccitano gli stessi neuroni né le stesse zone corticali attivati dai libri, dalle lavagne o dai quaderni”.
Si tratta di una rivoluzione analoga a quella che avvenne con l'invenzione della stampa, se pensiamo che “prima di Gutemberg, bisognava sapere a memoria... dunque occorreva avere la testa piena”, mentre poi, con la stampa, era necessario “ricordarsi in quale scaffale è il volume” e questo è un processo che costa meno, in termini di fatica, del dover imparare a memoria.
Oggi, altra rivoluzione, ancora più radicale: “nessuno ha più bisogno di ricordarsi il posto, se ne incarica il motore di ricerca” e quindi cambia radicalmente anche la funzione pedagogica e didattica, dal momento che “non dobbiamo più faticare per “apprendere il sapere, perchè è lì, davanti a noi, oggettivo, raccolto, collettivo, connesso, accessibile a piacere”.
Da qui deriva la situazione per cui i ragazzi si interessano sempre meno a ciò che dice loro l'insegnante, se consideriamo che “di fronte all'offerta crescente di sapere su scala immensa, accessibile sempre e dappertutto, un'offerta puntuale e singolare diventa risibile” e assistiamo a un capovolgimento nella pedagogia rispetto al recente passato, quando il sapere era “stoccato nelle pagine dei libri” e il “portavoce”, cioè l'insegnante, “esibiva il sapere, lo leggeva, lo declamava”.
I ragazzi abitano dunque il virtuale e “attraverso il cellulare si connettono con tutti; con il GPS raggiungono ogni luogo; con la Rete arrivano all'intero sapere”.

COSA POSSIAMO ASPETTARCI? È il caso di guardare sempre indietro o possiamo guardare con rinnovata fiducia ai giovani che stanno di fronte a noi?
Ce lo dice l'ottuagenario Serres, che guarda con simpatia alle nuove generazioni, perchè “caduto nella scatola” (del pc o del cellulare) l'apprendimento ci lascia la gioia incandescente di inventare
Si apre così la seconda parte del saggio, che cerca di intravvedere ciò che ci aspetta da qui in avanti, e questa seconda parte è articolata in capitoletti dal titolo improntato all'ottimismo, con lo sguardo positivo verso il futuro.
ELOGIO DELLE VOCI UMANE, si intitola il primo, dove l'autore tratta della esigenza generalizzata di far sentire la propria voce: “tutti vogliono parlare, tutti comunicano con tutti” e per la politica questo significa il venir meno dei vecchi modelli e annuncia “una democrazia in gestazione che domani si imporrà”.
E non è il caso di demonizzare il mondo dei rapporti virtuali, dei social network, tanto che il secondo capitoletto si intitola ELOGIO DELLE RETI.
Con la possibilità di essere connessi a prescindere dal luogo fisico in cui ci si trova, “le vecchie appartenenze agonizzano”, tanto che i giovani potrebbero ben chiedere, a noi più anziani: “Siete mai riusciti a mettere insieme gruppi così consistenti da avvicinarsi numericamente alla cifra dell'intera umanità?”
Li prendiamo in giro per come viene oggi usata la parola “amico”, ma, osserva ancora l'accademico francese, “non è forse indice di prudenza avvicinarsi agli altri in modo virtuale, innanzitutto per ferirli di meno?”
E i giovani tornerebbero sul tema politico, per osservare che le generazioni più vecchie temono che “da questi tentativi nascano nuove forme politiche che spazzano via le precedenti, ormai obsolete”.

Michel Serres
membro dell'Accademie Francaise
insegna Storia della Scienza alla Stanford University, in California.

NON E' UN MONDO PER VECCHI
Perchè i ragazzi rivoluzionano il sapere
ED: Bollati Boringhieri - 2013

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