--“NON E' UN MONDO PER VECCHI” dice il titolo di questo interessante
volumetto di Michel Serres, ottuagenario lucido e profondo, che
scruta con grande acume quello che sta avvenendo in quetsi ultimi
anni e “Perchè i ragazzi rivoluzionano il sapere”, come dice il
sottotitolo.
Intanto,
radicalmente diversa è l'esperienza del reale che i nostri ragazzi
possono oggi compiere, solo considerando che “non hanno mai visto
vitelli, vacche, maiali o covate” . E sono i primi cui accade
questo, perchè fino a poco tempo fa, la maggioranza degli uomini sul
pianeta lavorava nell'agricoltura e nell'allevamento; nel 2011 nei
nostri Paesi sviluppati, soltanto l'un per cento di contadini.Quindi, osserva M. Serres, i giovani hanno un'esperienza parziale della natura, così che “Lei o lui si entusiasmano solo per la natura arcadica, quella del tempo libero o del turismo”.
A
questo si aggiungono altri fattori, anche molto positivi, ma che
segnano comunque una differenza con le generazioni precedenti, se
consideriamo che “da sei decenni, intervallo unico nella storia
occidentale, né lui né lei hanno conosciuto la guerra e tra un po'
neppure i loro responsabili e i loro insegnanti”.
E
le differenze cominciano fin dal momento del concepimento, perchè
“mentre i genitori furono concepiti alla cieca, la loro nascita è
programmata”.
“Senza
che ce ne accorgessimo è nato, in un breve intervallo di tempo –
quello che ci separa dali anni settanta del Novecento – è nato un
NUOVO UMANO” , come si vede anche solo guardando i ragazzi quando
messaggiano SMS a velocità supersonica, usando solo i pollici: “li
ho battezzati, con tutta la tenerezza che possa esprimere un nonno,
POLLICINA e POLLICINO”.
Quel
che più segna una profonda differenza con le generazioni del
passato, secondo lo studioso francese, è l'ambito della conoscenza,
dell'approccio e dell'accesso al sapere.
I
più giovani sono “formattati” da strumenti e da media che “hanno
meticolosamente distrutto la loro facoltà di attenzione, riducendo
la durata delle immagini a sette secondi e il tempo di risposta alle
domande a quindici, secondo i dati ufficiali”
Siamo
di fronTe a una vera e propria rivoluzione quasi “antropologica”,
se consideriamo che il modo di “usare” il cervello, da parte dei
più giovani, è diverso dal nostro: “Le scienze cognitive mostrano
che l'uso della Rete, la lettura o la scrittura dei messaggi con il
pollice, la consultazione di Wikipedia o di Facebook non eccitano gli
stessi neuroni né le stesse zone corticali attivati dai libri, dalle
lavagne o dai quaderni”.
Si
tratta di una rivoluzione analoga a quella che avvenne con
l'invenzione della stampa, se pensiamo che “prima di Gutemberg,
bisognava sapere a memoria... dunque occorreva avere la testa piena”,
mentre poi, con la stampa, era necessario “ricordarsi in quale
scaffale è il volume” e questo è un processo che costa meno, in
termini di fatica, del dover imparare a memoria.
Oggi,
altra rivoluzione, ancora più radicale: “nessuno ha più bisogno
di ricordarsi il posto, se ne incarica il motore di ricerca” e
quindi cambia radicalmente anche la funzione pedagogica e didattica,
dal momento che “non dobbiamo più faticare per “apprendere il
sapere, perchè è lì, davanti a noi, oggettivo, raccolto,
collettivo, connesso, accessibile a piacere”.
Da
qui deriva la situazione per cui i ragazzi si interessano sempre meno
a ciò che dice loro l'insegnante, se consideriamo che “di fronte
all'offerta crescente di sapere su scala immensa, accessibile sempre
e dappertutto, un'offerta puntuale e singolare diventa risibile” e
assistiamo a un capovolgimento nella pedagogia rispetto al recente
passato, quando il sapere era “stoccato nelle pagine dei libri” e
il “portavoce”, cioè l'insegnante, “esibiva il sapere, lo
leggeva, lo declamava”.
I
ragazzi abitano dunque il virtuale e “attraverso il cellulare si
connettono con tutti; con il GPS raggiungono ogni luogo; con la Rete
arrivano all'intero sapere”.
COSA
POSSIAMO ASPETTARCI? È il caso di guardare sempre indietro o
possiamo guardare con rinnovata fiducia ai giovani che stanno di
fronte a noi?
Ce
lo dice l'ottuagenario Serres, che guarda con simpatia alle nuove
generazioni, perchè “caduto nella scatola” (del pc o del
cellulare) l'apprendimento ci lascia la gioia incandescente di
inventare”
Si
apre così la seconda parte del saggio, che cerca di intravvedere ciò
che ci aspetta da qui in avanti, e questa seconda parte è articolata
in capitoletti dal titolo improntato all'ottimismo, con lo sguardo
positivo verso il futuro.
ELOGIO
DELLE VOCI UMANE, si intitola il primo, dove l'autore tratta della
esigenza generalizzata di far sentire la propria voce: “tutti
vogliono parlare, tutti comunicano con tutti” e per la politica
questo significa il venir meno dei vecchi modelli e annuncia “una
democrazia in gestazione che domani si imporrà”.
E
non è il caso di demonizzare il mondo dei rapporti virtuali, dei
social network, tanto che il secondo capitoletto si intitola ELOGIO
DELLE RETI.
Con
la possibilità di essere connessi a prescindere dal luogo fisico in
cui ci si trova, “le vecchie appartenenze agonizzano”, tanto che
i giovani potrebbero ben chiedere, a noi più anziani: “Siete mai
riusciti a mettere insieme gruppi così consistenti da avvicinarsi
numericamente alla cifra dell'intera umanità?”
Li
prendiamo in giro per come viene oggi usata la parola “amico”,
ma, osserva ancora l'accademico francese, “non è forse indice di
prudenza avvicinarsi agli altri in modo virtuale, innanzitutto per
ferirli di meno?”
E
i giovani tornerebbero sul tema politico, per osservare che le
generazioni più vecchie temono che “da questi tentativi nascano
nuove forme politiche che spazzano via le precedenti, ormai
obsolete”.
Michel Serres
membro dell'Accademie
Francaise
insegna Storia della Scienza alla Stanford University, in
California.
NON E' UN MONDO PER VECCHI
Perchè i ragazzi rivoluzionano il
sapere
ED: Bollati Boringhieri - 2013
Nessun commento:
Posta un commento