12 marzo 2013

Siria: le atrocità non stanno da una parte sola

-Anche nel caso dei tragici avvenimenti siriani, l'informazione ci arriva “a senso unico” e dai nostri media è ben difficile cogleire la complessità della situazione. Interessante, a questo proposito, il reportage di Rodolfo CASADEI, sull'ultimo numero di Tempi, che spiega bene come “Le atrocità nella guerra civile siriana non stanno tutte da una parte sola. Cercare di farlo credere da parte del nostro e di altri governi equivale a manipolare l’opinione pubblica e a offendere l’intelligenza dei cittadini”.
Senza alcuna attenuante il giudizio sulle atrocità commesse dall'esercito o dalle forze paramilitari: “Fatti come il massacro di donne e bambini a Houla da parte di forze paramilitari, l’eccidio di persone in fila al forno di Hama, l’arresto e la detenzione in condizioni tremende di migliaia di oppositori veri o presunti... sono atti e decisioni che pesano come macigni sulla coscienza e sulla credibilità delle forze governative. Ma immaginare che dall’altra parte della barricata viga un grande senso di umanità, è la fantasia di qualcuno che o ci è, o ci fa”.
A questo proposito, appare forse stonata e sicuramente sbilanciata la posizione del nostro Ministero degli Esteri, insieme al resto dei Paesi “Amici della Siria”, che appoggiano, alcuni politicamente e altri anche militarmente, i ribelli della Coalizione nazionale siriana. Già da tempo sono insistenti gli appelli per una qualche forma di intervento a favore della popolazione inerme, vittima delle truppe governative: non si è ancora giunti all'interveto militare per la compessa e ingarbugliata situazione locale e per la forte vicinanza del regime siriano con l'Iran. 
Va riconosciuto che, oltre alla parzialità di fronte ai crimini di guerra e alle sofferenze dei civili, gli “Amici della Siria” sembrano non vedere le “cattive abitudini” dei «combattenti dalla barba lunga» (le forze anti-regime) che non si limitano a passare per le armi i prigionieri disarmati, ma si "ingegnano di far esplodere autobombe in zone densamente abitate".
In Siria, la minoranza alawita (11% della popolazione) monopolizza i ruoli chiave del potere, come la presidenza della repubblica, gli alti gradi delle forze armate e i gangli chiave dei servizi di sicurezza. Va, tuttavia, riconosciuto che il regime siriano, in tutti gli altri ruoli della funzione pubblica, ha praticato una politica di unità nazionale, che fa sì che insegnanti, impiegati statali, addetti alla sanità pubblica, eccetera, provengano da tutte le religioni ed etnie del paese senza discriminazione alcuna a sfavore della maggioranza sunnita (60% dei Siriani).
Certamente il plebiscito delle elezioni del 2007 a favore di Bashar el-Assad è frutto di brogli elettorali, ma non si può nemmeno pensare che oggi la maggioranza dei siriani gli sia contraria: “La popolazione è innanzitutto esausta, dopo venti mesi di combattimenti che hanno prodotto lutti, distruzioni, 800 mila profughi all’estero e 2 milioni di sfollati interni. In un certo senso, accetterebbe qualunque soluzione pur di tornare a vivere normalmente. Se fosse chiamata alle urne domani mattina probabilmente si spaccherebbe a metà, ma concedendo ancora un leggero vantaggio al presidente uscente”.
Non deve essere dimenticata, quando si guarda alla guerra civile siriana, la forte connotazione sunnita che “appare in filigrana nei programmi di Fratelli Musulmani, salafiti e jihadisti avversari dell’attuale governo” ed è forse il più potente fattore di coesione del fronte filo-governativo.

Così conclude la sua analisi, Rodolfo Casadei: “Alawiti e sciiti (insieme il 13 per cento della popolazione) combattono spalle al muro, nella certezza che in caso di sconfitta per loro non ci sarà alcuna pietà; cristiani e drusi (un altro 13 per cento della popolazione) meditano la fuga dal paese, temendo che un nuovo governo di tendenza più o meno islamista non garantirà loro la dignità e il rispetto di cui finora hanno goduto; i curdi (9 per cento della popolazione) sia in caso di sopravvivenza del regime sia della sua caduta non accetteranno un sistema in cui la loro autonomia non sia finalmente riconosciuta”.
Tra le notizie sottaciute o non sufficientemente messe in risalto dai nostri media, dunque,vi è anche il conflitto interno al mondo islamico, che vede prese di mira e fatte oggetto di attentati le comunità sciite presenti in Irak, Afganistan, Pakistan, ben oltre il solo Iran, retto dagli Imam di Teheran. Numerosi e non certo episodici gli attacchi e gli attentati contro gli Sciiti e non è difficile immaginare una sorta di unica regia che fa capo al mondo sunnita che trova nell'Arabia Saudita il proprio regime di riferimento. Tutto da dimostrare che quello sunnita sia da considerarsi come l'Islam più lontano dalle tentazioni dell'integralismo... come certa parte di stampa sembrerebbe volerci far credere.

Solo per riportare gli attentati degli ultimi mesi:
4 marzo - Adnkronos/Aki
La citta' di Karachi e' paralizzata all'indomani della strage di sciiti costata la vita a 52 persone...

17 febbraio 2013
Otto autobomba sono esplose stamane in zone sciite della capitale irachena Baghdad, uccidendo almeno 28 persone e ferendone alcune decine...

LA STAMPA 16 febbraio – La Stampa
Il movimento terroristico Lashkar-e-Jhangvi ha rivendicato l’attentato
È salito ad almeno 47 morti e 100 feriti il bilancio della forte esplosione avvenuta a Quetta... Nel mirino ci sarebbe la comunità sciita.

8 febbraio - AGI
E' di almeno 21 morti e oltre quaranta feriti il bilancio complessivo di un'ennesima ondata di attentati dinamitardi contro la comunita' sciita in Iraq...

6 dicemre 2012 - Adnkronos/Ign
E' di oltre 50 morti e di 150 feriti, il primo bilancio dell'attentato compiuto questa mattina contro una moschea sciita di Kabul.

22 novembre 2012 - Euronews
Un kamikaze ha fatto strage durante una processione a Rawalpindi. Almeno 23 i civili uccisi, 62 i feriti, tra i quali otto bambini.


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