-I 2/3 dei minori italiani riconoscono nel cyber bullismo
la principale minaccia che aleggia sui banchi di scuola, nella propria
cameretta, nel campo di calcio, di giorno come di notte. Gli atti ripetuti di cyber bullismo possono compromettere il
rendimento scolastico, erodono la volontà di aggregazione della vittima (con
picchi più accentuati nelle ragazzine tra i 12
e i 14 anni) e, nei peggiori dei casi,
possono comportare serie conseguenze psicologiche come la depressione.
Più pericoloso tra le minacce tangibili della nostra era per
il 72%
dei ragazzi intervistati, più della droga (55%), del pericolo di subire una molestia da un
adulto (44%)
o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (24%).
Questi alcuni dei dati di scenario dell’indagine I ragazzi e
il Cyber bullismo, realizzata da
Ipsos per Save the Children. La
ricerca, oltre a fornire una fotografia sulle abitudini di fruizione del web da
parte dei ragazzi italiani, indaga sull’inclinazione sempre più frequente tra i
pre-adolescenti, ma ancor di più tra i teenager, a sperimentare attraverso
l’uso delle nuove tecnologie una socialità aggressiva, denigratoria,
discriminatoria e purtroppo spesso violenta.
È facile attirare l’attenzione del cyber bullo se ci si
veste in modo insolito, se si ha un colore della pelle diverso o finanche se si
è la più graziosa della classe. Nei criteri di elezione della vittima infatti
la “diversità”, nelle sue varie declinazioni, gioca un ruolo non secondario:
l’aspetto estetico, la timidezza, il supposto orientamento sessuale, l’essere
straniero, l’abbigliamento non convenzionale, la bellezza femminile che
“spicca” nel gruppo, e persino la disabilità possono essere valide motivazioni
per prendere di mira qualcuno. Di minore importanza, o almeno non abbastanza
per attirare l’attenzione dei bulli, sono invece considerati l’orientamento
politico o religioso.
Se per il 67% dei ragazzi italiani si può esser puntati durante
la sosta in piazzetta, nel solito locale o in altri abituali luoghi di
aggregazione, per l’80% dei minori
intervistati la scuola rappresenta la
residenza elettiva del bullismo nella vita reale, che trova rinforzo ed eco
in quella virtuale attraverso un utilizzo pressoché costante di dispositivi di
ultima generazione.
I ragazzi trascorrono gran parte del loro tempo tra i banchi
ed è lì che sperimentano una buona fetta della loro socialità. Nello stesso
tempo, e di conseguenza, il ruolo della scuola è di primaria importanza per
valutare ed implementare interventi mirati contro il dilagare del cyber
bullismo. Osserva Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia, che “i docenti però non vanno
lasciati soli, perché il bullismo è un fenomeno complesso che spesso trae
origine da un disagio profondo che riguarda il bullo e il gruppo, così come la
vittima, e richiede dunque strategie in grado di cogliere e gestire questo
disagio”.
Come si attacca la vittima?
Diverse sono le modalità che i ragazzi raccontano di poter
mettere in atto una volta individuata la vittima: si rubano e-mail, profili, o
messaggi privati per poi renderli pubblici, si inviano sms/mms/e-mail
aggressivi e minacciosi, vengono appositamente creati gruppi “contro” su un
social network per prendere di mira qualcuno o ancora vengono diffuse foto e
immagini denigratorie o intime senza il consenso della vittima o notizie false
sull’interessato via sms/mms/mail.
La modalità d’attacco preferita dai giovani cyberbulli è la
persecuzione della vittima attraverso il suo profilo su un social network.
Come sono percepiti “vittima” e
carnefice” dai loro coetanei?
In larghissima maggioranza, i ragazzi esprimono
“solidarietà” alla persona perseguitata e secondo l’88% il malcapitato non se lo meritava veramente. Gli
“innocentisti” hanno chiaro il quadro della classica dinamica di branco (per il
70% degli intervistati, uno comincia
e gli altri gli vanno dietro), così come della fragilità del persecutore (per
il 58%
attaccare fa sentire più forti, il 42% afferma che chi attacca ha problemi suoi , il 41%
asserisce che attaccare aiuta a mantenere la leadership – vera o supposta –
mentre infine per il 38% chi attacca lo fa soprattutto per attirare
l’attenzione). Percentuali residue affermano che si diventa branco per fare una
cosa diversa o perché lo fanno tutti.
Quali le conseguenze delle azioni di cyber bullismo?
Per i ragazzi intervistati, l’isolamento è la conseguenza
principale del cyber bullismo.
Per il 67% degli intervistati, chi lo subisce si rifiuta di
andare a scuola o fare sport, ma soprattutto è la dimensione della socialità a
risentirne: il 65% afferma che le vittime non vogliono più uscire o
vedere gli amici, il 45% che si chiudono e non si confidano più.
Anche effetti più gravi, che incidono sullo stato di
prostrazione psicologica della vittima, sembrano essere ben percepiti dai
ragazzi: secondo il 57% degli intervistati le vittime di cyber bullismo
vanno in depressione, il 44% ha la percezione che potrebbero decidere di farsi
del male o anche peggio.
Sono stati testimoni di atti di cyber bullismo da parte di
coetanei almeno 4 ragazzi
intervistati su 10, ed il 5% ne parla addirittura come di una esperienza
regolare e consueta.
Dall’indagine emerge chiaramente il ruolo dell’adulto in
generale. Infatti i ragazzi trovano perlopiù conforto nella sfera familiare,
con la quale il 71% dichiara di vivere relazioni sostanzialmente
positive e rasserenanti, facendone il luogo primario della ricerca della
soluzione al problema. Forte comunque la spinta all’apertura nella ricerca
della soluzione (per il 77% bisogna parlare con un genitore, o con gli
insegnanti per il 53%, il 29% suggerisce di chiudere il
profilo o sospendere la sim, il 25%
dice che occorre segnalare l’abuso online, il 23%
suggerisce di cambiare frequentazioni).
Quando si chiede ai ragazzi quali contromisure adottare per
arginare il fenomeno, la maggior parte suggerisce attività di informazione,
sensibilizzazione e prevenzione che prevedano il coinvolgimento ad ampio raggio
di scuola, istituzioni, aziende e degli stessi genitori. Infatti nonostante più della metà delle mamme
condivida foto, video e informazioni con i figli attraverso i social network e
ne conoscano le credenziali d’accesso per monitorare la loro dimensione
virtuale, il 41%
dei ragazzi invoca maggiore vigilanza da parte dei genitori, ed è consapevole
del ruolo e delle responsabilità in capo ai gestori delle piattaforme social in
primis, cui si appella il 41% dei minori per l’adozione di contromisure,
insieme ad un 24% che chiede l’intervento dei
gestori telefonici.
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