15 aprile 2013

Cyber bullismo a scuola e dintorni

-I 2/3 dei minori italiani riconoscono nel cyber bullismo la principale minaccia che aleggia sui banchi di scuola, nella propria cameretta, nel campo di calcio, di giorno come di notte. Gli atti ripetuti di cyber bullismo possono compromettere il rendimento scolastico, erodono la volontà di aggregazione della vittima (con picchi più accentuati nelle ragazzine tra i 12 e i 14 anni) e, nei peggiori dei casi, possono comportare serie conseguenze psicologiche come la depressione.

Più pericoloso tra le minacce tangibili della nostra era per il 72% dei ragazzi intervistati, più della droga (55%), del pericolo di subire una molestia da un adulto (44%) o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (24%).

Questi alcuni dei dati di scenario dell’indagine I ragazzi e il Cyber bullismo, realizzata da Ipsos per Save the Children. La ricerca, oltre a fornire una fotografia sulle abitudini di fruizione del web da parte dei ragazzi italiani, indaga sull’inclinazione sempre più frequente tra i pre-adolescenti, ma ancor di più tra i teenager, a sperimentare attraverso l’uso delle nuove tecnologie una socialità aggressiva, denigratoria, discriminatoria e purtroppo spesso violenta.

È facile attirare l’attenzione del cyber bullo se ci si veste in modo insolito, se si ha un colore della pelle diverso o finanche se si è la più graziosa della classe. Nei criteri di elezione della vittima infatti la “diversità”, nelle sue varie declinazioni, gioca un ruolo non secondario: l’aspetto estetico, la timidezza, il supposto orientamento sessuale, l’essere straniero, l’abbigliamento non convenzionale, la bellezza femminile che “spicca” nel gruppo, e persino la disabilità possono essere valide motivazioni per prendere di mira qualcuno. Di minore importanza, o almeno non abbastanza per attirare l’attenzione dei bulli, sono invece considerati l’orientamento politico o religioso.

Se per il 67% dei ragazzi italiani si può esser puntati durante la sosta in piazzetta, nel solito locale o in altri abituali luoghi di aggregazione, per l’80% dei minori intervistati la scuola rappresenta la residenza elettiva del bullismo nella vita reale, che trova rinforzo ed eco in quella virtuale attraverso un utilizzo pressoché costante di dispositivi di ultima generazione.

I ragazzi trascorrono gran parte del loro tempo tra i banchi ed è lì che sperimentano una buona fetta della loro socialità. Nello stesso tempo, e di conseguenza, il ruolo della scuola è di primaria importanza per valutare ed implementare interventi mirati contro il dilagare del cyber bullismo. Osserva Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia, che “i docenti però non vanno lasciati soli, perché il bullismo è un fenomeno complesso che spesso trae origine da un disagio profondo che riguarda il bullo e il gruppo, così come la vittima, e richiede dunque strategie in grado di cogliere e gestire questo disagio”.

Come si attacca la vittima?

Diverse sono le modalità che i ragazzi raccontano di poter mettere in atto una volta individuata la vittima: si rubano e-mail, profili, o messaggi privati per poi renderli pubblici, si inviano sms/mms/e-mail aggressivi e minacciosi, vengono appositamente creati gruppi “contro” su un social network per prendere di mira qualcuno o ancora vengono diffuse foto e immagini denigratorie o intime senza il consenso della vittima o notizie false sull’interessato via sms/mms/mail.

La modalità d’attacco preferita dai giovani cyberbulli è la persecuzione della vittima attraverso il suo profilo su un social network.

Come sono percepiti “vittima” e carnefice” dai loro coetanei?

In larghissima maggioranza, i ragazzi esprimono “solidarietà” alla persona perseguitata e secondo l’88% il malcapitato non se lo meritava veramente. Gli “innocentisti” hanno chiaro il quadro della classica dinamica di branco (per il 70% degli intervistati, uno comincia e gli altri gli vanno dietro), così come della fragilità del persecutore (per il 58% attaccare fa sentire più forti, il 42% afferma che chi attacca ha problemi suoi , il 41% asserisce che attaccare aiuta a mantenere la leadership – vera o supposta – mentre infine per il 38% chi attacca lo fa soprattutto per attirare l’attenzione). Percentuali residue affermano che si diventa branco per fare una cosa diversa o perché lo fanno tutti.

Quali le conseguenze delle azioni di cyber bullismo?

Per i ragazzi intervistati, l’isolamento è la conseguenza principale del cyber bullismo.

Per il 67% degli intervistati, chi lo subisce si rifiuta di andare a scuola o fare sport, ma soprattutto è la dimensione della socialità a risentirne: il 65% afferma che le vittime non vogliono più uscire o vedere gli amici, il 45% che si chiudono e non si confidano più.

Anche effetti più gravi, che incidono sullo stato di prostrazione psicologica della vittima, sembrano essere ben percepiti dai ragazzi: secondo il 57% degli intervistati le vittime di cyber bullismo vanno in depressione, il 44% ha la percezione che potrebbero decidere di farsi del male o anche peggio.

Sono stati testimoni di atti di cyber bullismo da parte di coetanei almeno 4 ragazzi intervistati su 10, ed il 5% ne parla addirittura come di una esperienza regolare e consueta.

Dall’indagine emerge chiaramente il ruolo dell’adulto in generale. Infatti i ragazzi trovano perlopiù conforto nella sfera familiare, con la quale il 71% dichiara di vivere relazioni sostanzialmente positive e rasserenanti, facendone il luogo primario della ricerca della soluzione al problema. Forte comunque la spinta all’apertura nella ricerca della soluzione (per il 77% bisogna parlare con un genitore, o con gli insegnanti per il 53%, il 29% suggerisce di chiudere il profilo o sospendere la sim, il 25% dice che occorre segnalare l’abuso online, il 23% suggerisce di cambiare frequentazioni).

Quando si chiede ai ragazzi quali contromisure adottare per arginare il fenomeno, la maggior parte suggerisce attività di informazione, sensibilizzazione e prevenzione che prevedano il coinvolgimento ad ampio raggio di scuola, istituzioni, aziende e degli stessi genitori.  Infatti nonostante più della metà delle mamme condivida foto, video e informazioni con i figli attraverso i social network e ne conoscano le credenziali d’accesso per monitorare la loro dimensione virtuale, il 41% dei ragazzi invoca maggiore vigilanza da parte dei genitori, ed è consapevole del ruolo e delle responsabilità in capo ai gestori delle piattaforme social in primis, cui si appella il 41% dei minori per l’adozione di contromisure, insieme ad un 24% che chiede l’intervento dei gestori telefonici.

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